Ci sono aspetti riguardanti la nostra salute ed il nostro benessere che non vanno sottovalutati anche quando apparentemente potrebbe non sembrarci il momento.
La prevenzione è la strada migliore per evitare la comparsa di tanti fastidi e problemi che possono poi condizionare la salute nel tempo, anche quella della bocca.
Le Linee Guida dell’OMS e del Ministero della Salute, consigliano di portare i vostri bambini per la prima volta dal dentista a 3 anni, cioè quando tutti i dentini da latte sono ancora in bocca.
Potrebbe sembrare eccessivo e relativamente prematuro, ma è in realtà questo il momento giusto sia per monitorare se vi sono carie in atto, problemi di qualsiasi tipo e cominciare un programma di prevenzione che possa valutare la crescita scheletrica e la posizione dei denti e pianificare un intervento di ortodonzia intercettiva.
Grazie all’ortodonzia intercettiva, che opera in maniera preventiva, si possono correggere alcune delle principali problematiche scheletriche e occlusali del cavo orale prima che queste evolvano in situazioni di più difficile esito.
Il periodo in cui, viene riscontrata la malocclusione e si può intervenire con l’ortodonzia intercettiva è un arco temporale variabile, da quando il bambino diventa collaborante (4-5 anni) ai 12-13 anni. In questa precisa fase dello sviluppo è possibile stimolare o frenare la crescita delle ossa della bocca a seconda dell’esigenza terapeutica, modellando quindi la posizione dei denti nel migliore dei modi, un vantaggio che non è più possibile avere quando la crescita è ultimata. Intervenire in questo momento da la possibilità di sfruttare la presenza della dentatura mista(denti decidui e denti permanenti) per causare meno fastidio possibile al bambino. Il vantaggio indiscutibile è la possibilità di usare i dentini da latte come “appoggio” degli apparecchi, toccando il meno possibile i denti permanenti. Intervenire con l’ortodonzia intercettiva naturalmente non esclude che sia poi necessaria una seconda fase di ortodonzia, ma non implica neanche che sia irrimediabilmente necessario. Solo dopo il trattamento, che in media dura tra i 12 e i 18 mesi, si procede con dei controlli periodici fino a che sia completa la dentizione definitiva e solo a quel punto si valuta la necessità o meno di una seconda fase.
A fine trattamento l’ortodonzia intercettiva solitamente non prevede una contenzione, ovvero un supporto che aiuti a mantenere il risultato raggiunto, perché i denti definitivi presenti devono potersi muovere per fare spazio a quelli che devono ancora erompere.
Quello che invece spesso è importante per il raggiungimento di un risultato armonico della bocca è l’associazione di una terapia logopedica o di esercizi di mioterapia che favoriscono il miglioramento del tono di alcuni muscoli.
Attualmente sul mercato troviamo diverse tipologie di apparecchio e molte volte può essere necessario utilizzarne vari, adattando il trattamento di volta in volta ai singoli casi e agli obiettivi che si vogliono ottenere, in un vero e proprio lavoro di progettazione, che dipende dall’andamento più che dal singolo dispositivo.
Tra i più comuni dispositivi c’è l’espansore palatale, un apparecchio che si applica nell’arcata superiore e consente di correggere il cosiddetto “palato stretto”, creando una condizione favorevole di spazio per l’eruzione dei denti, migliorando l’occlusione e la masticazione.
E‘ importante intervenire con un trattamento orotodontico di tipo intercettivo con i seguenti casi:
- Problemi di tipo scheletrico in età prematura.
- Parafunzioni, come succhiamento del dito, serramento o digrignamento dentale, deglutizione atipica.
- Mal posizioni, come affollamento dentale, Denti sporgenti.
- Problemi respiratori o fonetici
E’ prendendosi cura quotidianamente della salute orale e nel lungo periodo con il supporto dei professionisti, che si può dire che “chi ben comincia è a metà dell’opera” e noi potremmo dire che “chi prima inizia” lo è, perché un bel sorriso comincia proprio da piccoli.
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